Vibrazioni

Passione senza tempo: la storia di Romano Tazzari

Al nostro amico Romano Tazzari, classe ‘36, bastava poco…arrivare in moto al circuito, metterla a punto, smettere i panni da meccanico per indossare la tuta da corsa e lanciarsi in pista gomito a gomito con piloti del calibro di Provini, Pasolini ed Agostini. Partecipa a gare come la “coppa d’oro Shell” a Imola oppure il “trofeo internazionale di Sanremo” dove in quest’ultima, classificandosi terzo, dovette aspettare la sera per la premiazione al casinó. Si presentò ancora in tuta da corsa e gli dissero che per la cerimonia doveva indossare l’abito adatto….lui era partito dal paese in moto e doveva farvi ritorno guidandola e con l’unico abito che aveva….la tuta.
Un po’ seccato disse:
“non ho altri vestiti con me e se non posso entrare allora tenetevi la mia coppa” e se ne ando’.
Romano, ad 84 anni, non abbandona la moto ed ancora lo si può vedere tra i passi del “Muraglione”, “Colla” o “Raticosa”. Vederlo guidare la nostra Honda TREQUARTI ad Imola e sentirlo parlare di come fosse cambiato il circuito, con una luce negli occhi che nulla ha perso della grinta di un tempo è stata un’esperienza magica.

INTERVISTA A ROMANO TAZZARI

A quale età hai avuto la tua prima moto e quale è stata?
A 16-17 anni, quando lavoravo come falegname uno dei miei titolari comprò la Moto Morini Occhiobello 125 (che andava velocissimo) e mi caricava su con lui per andare a fare qualche giro. Da lì ho comprato la moto del mio titolare e mi sono appassionato sempre di più fino a quando nel 1954 comprai per 400.000 lire la Moto Morini Settebello 175 con la precisa intenzione di provare a gareggiare. Con la quale andavo il sabato su Passo del Muraglione per allenarmi prima di disputare le qualifiche e le gare della domenica cercando di ottenere il miglior tempo possibile anche al fine di ricevere il pagamento della diaria (rimborso spese di viaggio e vitto).

Cosa hai imparato nelle gare che ti è servito anche nella vita?
Il rispetto per le persone, così in gara come nella vita; lo spirito di aggregazione e l’aiuto reciproco (in gara eravamo tutti avversari ma fuori dal circuito eravamo tutti amici).

Qual è il pilota che nella tua carriera hai stimato di più e il più grande di sempre?
Molto spesso ci trovavamo a pranzare fianco a fianco con Pasolini o Agostini e quest’ultimo lo reputo uno dei più modesti ed alla mano che abbia mai conosciuto. Il più grande di sempre a mio avviso è stato Saarinen, purtroppo scomparso in un incidente a Monza insieme a Pasolini, il quale a mio avviso aveva un brutto vizio: la tendenza a stringere troppo le traiettorie quando intuiva il sorpasso da parte di un avversario. Molto spesso capitava che in curva o staccata recuperasse gran parte dello svantaggio che avevo sui piloti più blasonati, ma quando arrivavo in rettilineo immancabilmente Giacomo Agostini mi passava e mi sverniciava, anche lui su Moto Morini e quando di tanto in tanto mi rivolgevo all’ing.
Lambertini lamentandomi delle prestazioni della mia moto lui negava la differenza di prestazioni ed esclamava in dialetto: “Sei proprio un Romagnolo!”

Qual è stata la tua migliore gara? 
Senza dubbio il Trofeo internazionale di San Remo ad Ospedaletti dove mi classificai terzo e nel quale ho vissuto un momento di stato di grazia (vedi didascalia Instagram)

Cosa ti trasmette la moto?
Semplicemente adrenalina e quanto più gas dai e più ne daresti. Adoro la sensazione di aggredire la curva in prima persona e dominarla.

Come sono cambiate le gare da quando correvi tu ad oggi?
C’è una differenza abissale tra un tempo ed oggi, a cominciare dalle partenze che una volta venivano effettuate a spinta e ogni volta ti tremavano le ginocchia dall’emozione anche se la prassi era quella di bere un sorso di cognac prima di partire per allentare la tensione. Altro aspetto era la scarsa disponibilità economica che molto spesso mi costringeva a disputare 3-4 gare con la stessa gomma che di man mano diventava liscia dall’usura e quando mi chiedevano: “Romano tu monti delle gomme speciali? Sono lisce…” io rispondevo: “Certo, perché sono consumate!”

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